Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/170

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cia all’aria, affinchè gli schiavi; solleticandoli con la penna la gola, lo eccitassero al vomito520? Moveva le risa o le lacrime Vitellio imperatore anch’egli (di gente volgare io non piglio vaghezza), invitantesi impronto a parecchi festini in ore diverse di un medesimo giorno per avere abilità di divorare a tutti? E nota che ognuno di questi conviti non costava meno di quattrocentomila sesterzii: famosissimo tra gli altri quello imbaditogli dal suo fratello quando egli entrò in Roma; ci furono duemila pesci e settemila uccelli, dell’altra roba all’avvenante: allora comparve in tavola un piatto di grandezza enorme chiamato per grandigia: scudo di Minerva protettrice, pieno di fegati di Passerini, cervelli di Fagiani e Pavoni, lingue di Fenicotteri e latte di Lamprede. Triremi e vascelli solcavano il mare dei Parti agl’Iberi recando cibi al vorace imperatore, il quale poi mangiava di tutto senza neppure squisitezza di gusto, imperciocchè in quante osterie s’imbattesse diluviava cibi grossolani cotti o non cotti, freschi o vieti ed anco andati a male521. Plinio il vecchio descrivendo il piatto di Vitellio racconta che per cuocerlo (però che fosse di coccio) bisognò fabbricare un forno in aperta campagna e valse un milione di sesterzii; onde Muciano mordendo cotanta spesa iniquamente matta ebbe a dire che superava nel costo quello di Asperna,