Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/46

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gati sopra una tavola bucherellata e le code loro immesse nei diversi buchi, mercè di cordicelle, erano attaccate ai registri dell’organo. L’Orso, toccati i tasti, tendeva le cordicelle, le quali con più o meno forza tirando le code ai Gatti li persuadeva a miagolare in cadenza. Dicono che l’Imperatore stesse lì lì per insignire l’Orso col Tosone d’oro, ma siccome egli era uomo di cervello (tanto è vero che si fece frate), considerando che mettere una Bestia sopra l’altra non garbava alla vista, ordinò si desse piuttosto all’Orso un paniere di mele. Di ciò molto lodaronlo allora, ed anche adesso io lo lodo; cogli Orsi ci vogliono mele, non tosoni.

Ai meriti armonici delle Bestie, che cosa avviseranno contrapporre i mortali? L’antichità della loro musica forse? Ma noi salutammo l’alba dei secoli con la medesima voce gioconda a sentirsi, con la quale cantammo loro il Miserere; mentre voi altri uomini, anche quando Venere nacque, zotici ed incolti non sapeste strombettare all’universo la Madre degli amori con miglior suono che di corni marini; di ciò ebbi prova nei tanti dipinti dove Citerea appariva precorsa ne’ suoi viaggi su le acque dai Tritoni co’ nicchi in bocca. Nella Scizia, ai tempi miei allettatrice di gole canore e di piedi leggeri, non troppi secoli prima Alea, udendo Ismenia suonare divinamente il