Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/85

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quand’anco non fosse istituto divino, arnese di governo; e me ne porse la prova col caso accaduto a Roma nella seconda guerra l’unica, dove i Romani disperati di ogni rimedio ed ormai disposti di cercarsi altrove un asilo furono salvi dalla religione del giuramento; e nè anche nei preti, perocchè ci abbiano ad essere i sacerdoti eziandio, però cittadini vissuti nella pratica della virtù e consacrati dalla santità di costumi, non collegio di volpi tonsurate, che la religione convertono in mestiere di uccellatore; giacere nei giudici, non già nella giustizia, la quale ingenua e schietta non ha da rendersi da gente pagata, bensì a turno da cittadini incliti per fama di rettitudine; giacere nei soldati, non già nella milizia decoro dell’anima e del corpo, retaggio di tutta la gioventù di un Popolo e non di un branco di bighelloni scioperati, cui di umano appena avanza il sembiante. Qui dentro aversi a mettere la scure e non sollazzarsi a ritagliare le vette degli arbori con le forbicine da ricami.

In queste ed in altre cose ammaestrato m’accadde un giorno che mentre io stava a pascere erba sul prato, accostatomisi il padrone tutto ansimante mi gridasse: «Dattela a gambe... salvati per Dio». A cui placido tra una boccata ed un’altra domanda: «Perchè ho da fuggire io?» — «Oh! non senti, egli disse, sopraggiungere