Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/152

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amalia guglielminetti

d’acque stagnanti, ove la voce umana destava lunghe risonanze d’echi.

— Voi non potete immaginare, mia cara amica, come io comprenda le vostre intime ribellioni, anzi l’urto penoso di tutta la vostra sensibilità dinanzi a certe brutali ostentazioni di franchezza che Massimiliano si permette con voi. Io stesso ne soffro come se vedessi sgualcire con ruvida mano un fiore delicato, rompere una fragile cosa composta di grazia e di bellezza. Ne soffro e contemplo il pallore madreperlaceo del vostro viso con un senso di così raccolta ammirazione e di così profonda devozione che ne sareste commossa se lo sentiste.

Fausta scuoteva dolcemente il capo con un sorriso ambiguo che disorientava Furio Artali.

— Non mi credete, amica mia, non mi credete?

— Ma sì, vi credo. È così dolce credere a qualche piacevole menzogna quando si odono sempre spiacevoli verità.

— Come siete scettica, Fausta! L’amore è dunque per voi una piacevole menzogna?

— O una verità brutale.

L’esperienza le aveva insegnato queste cose, ch’ella diceva soavemente reclinando un po’ il capo sulla spalla, e in cui non poneva nè risentimento, nè asprezza. Ed ascoltava con un piacere fresco e curioso d’adolescente alla sua prima

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