Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/61

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l’uncino

mi conceda il diritto di chiedervi la ragione di tanto nero.

— Chiedete, chiedete pure — ribattè Manlio ancora più fosco, — vi risponderò con Leopardi una frase sola: «La scelleraggine delle donne mi spaventa...»

— Per carità, ma voi spaventate me pure, — risi facendo l’atto di fuggire atterrita, ma egli mi trattenne supplichevole per la mano, mi pregò col viso rischiarato da un mesto sorriso.

— Non abbandonatemi così; vi prego. Parlo delle donne che amano o che fingono di amare, non di quelle che sanno concedere il conforto di una buona amicizia. Se sapeste quanto ho bisogno d’essere un poco consolato! Da una settimana non vivo che d’amarezza avvelenata, non dormo che per sognare incubi spaventosi, non esco che per abbrutirmi nella fatica del camminare, dell’andare per ore e ore, non so dove e non so perchè, come un cieco o un demente.

Ci avviammo insieme, sotto l’ombra rada degli ippocastani che allargavano le loro foglie appena verzicanti simili a mani dalle dita aperte, ed io ascoltavo le confidenze di Manlio De-Foresi in quel silenzio pieno di raccolta simpatia che permette ad un cuore oppresso di schiudersi e di abbandonare ad altri, perchè gli sia meno grave, il proprio dolente segreto.

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