Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/62

Da Wikisource.


amalia guglielminetti


— Voi non potete immaginare fino a qual grado d’esaltazione io abbia amato quella creatura, — egli diceva, — non potete credere a quale sacrificio non mi sarei offerto per lei, pur di ottenerla per sempre, pur di averla più signora che compagna della mia vita. La sua bellezza mi aveva affascinato a tal segno che solo il guardarla mi dava una specie di rapimento, simile alle estasi che devono provare i beati contemplando Dio.

Dapprima questa mia passione così spiritualizzata ed intensa l’aveva un poco stupita e, quasi direi, divertita. Livia era avvezza ai blandi corteggiamenti dei salotti, dove l’amore si nutre di tazze di thè e di frasi a doppio senso, aspettando pazientemente l’ora di scoccare un bacio dietro una portiera e il giorno di mandare una cartolina illustrata con due versi tolti ad imprestito. Io invece non osavo mandarle tutte le fantasie liriche che scrivevo per lei, seduto sopra uno scoglio in faccia al mare, il quale mi pareva meno profondo dei suoi occhi e meno infido del suo cuore.

E quando ella mi parlava con quella sua voce acuta e ridente, dove era sempre una piccola nota un po’ ironica, io tacevo oppresso, guardando il movimento delle sue labbra rosse che si aprivano sul luccicare dei denti bianchi come le valve delle conchiglie sulle perle iri-

60 -