Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/74

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amalia guglielminetti


— Cioè?

— Che la sposa mi sia scelta, apparecchiata, portata nell’onesto talamo senza ch’io debba darmi la pena di andarla a scovare e di farle la corte. Pensaci tu.

— Ci ho già pensato, — ripose prontamente il vecchio, — ho già trovato la gemma di tutte le perfezioni nella persona della signorina Doretta Dari, una fanciulla di nobile famiglia decaduta, figlia di un mio defunto amico, graziosa come un amore, candida come un agnellino e appena ventenne. Ella si trova tuttora in un convento e non anela che ad uscirne e a prender marito.

— E sia, — consentì Anselmo, ripetendo il suo sogghigno scimmiescamente beffardo, — vada per l’agnellino ed auguriamoci ch’io non le faccia l’effetto del lupo, capace di mangiarsela in un boccone.

Ma il vecchio con un arguto riso gli battè più volte la mano sulla spalla:

— Via, non esageriamo coi formidabili appettiti, — esclamò ammonendolo; e accompagnò il nipote alla porta appoggiandosi famigliarmente al suo braccio e discorrendo dei suol propositi con pacata gaiezza.

Così avvenne che il conte Anselmo Lucentani, lo scapestrato, il dissipatore noto in tutti i ritrovi del vizio elegante, si presentasse un mat-

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