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94 storia d'italia

III

Forze del re di Francia in Italia. Sospetti del re per la politica sempre ambigua del pontefice e del Valentino.

Acceleravano intanto le provisioni ordinate per usarle di qua e di lá da’ monti. Perché in Ghienna erano andati, per rompere la guerra verso Fonterabia, monsignore di Alibret e il marisciallo di Gies con quattrocento lancie e cinquemila fanti tra svizzeri e guasconi; e nella Linguadoca, per muovere la guerra nella contea di Rossiglione, il marisciallo Ruis brettone con ottocento lancie e ottomila fanti, parte svizzeri parte franzesi; e nel tempo medesimo si moveva l’armata per infestare la costa di Catalogna e del regno di Valenza. E in Italia aveva espedito il re per capitano generale dell’esercito monsignore della Tramoglia, a cui allora per consentimento di tutti si dava il primo luogo, nell’armi, di tutto il reame di Francia; e aveva mandato il baglí di Digiuno a fare muovere ottomila svizzeri; e le genti d’arme e l’altre fanterie sollecitavano di camminare: non essendo però l’esercito tanto potente come da principio aveva disegnato, non perché fusse raffreddato l’ardore del re, né perché lo ritenesse o la impotenza o il desiderio di spendere meno, ma perché si conducesse nel regno di Napoli, come era giudicato molto utile, con maggiore celeritá, e in parte perché Allegri, significandogli lo stato delle cose di lá, aveva affermato essere piú gagliarde le reliquie dello esercito che in fatto non erano e piú ferme le terre e i baroni che ancora si tenevano a sua divozione, e perché aveva ricercato aiuto di gente da tutti quegli che in Italia gli aderivano; onde i fiorentini gli concederono il baglí d’Occan con le cinquanta lancie pagate da loro e cento cinquanta altri uomini d’arme, cento uomini d’arme per uno dettono il duca di Ferrara i bolognesi e il marchese di Mantova, il quale chiamato dal re v’andava in persona, e cento altri i sanesi. Le quali genti, aggiunte a ottocento lancie e cinquemila guasconi