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libro settimo ‐ cap. viii 205

fussino oppositi il re di Francia e tutti gli italiani, a rinnovare e recuperare in Italia le antiche ragioni dello imperio, state usurpate o per impotenza o per colpa de’ Cesari passati. Cosí ricercare la gloria del nome germanico, cosí il concorso di tanti príncipi e di tutte le terre franche; ed essere una volta necessario dimostrare a tutto il mondo che, se bene la Germania per molti anni non aveva avuto le volontá unite, non era però che non avesse la medesima possanza e la medesima magnanimitá la quale aveva fatto temere gli antichi loro da tutto il mondo, donde e in universale era nata al nome loro grandissima gloria e la degnitá imperiale, e in particolare molti nobili n’avevano acquistato signorie e grandezze. E quante case illustri avere lungo tempo regnato in Italia negli stati acquistati con la loro virtú! Le quali cose si cominciorono a trattare con tanta caldezza che è manifesto che, giá moltissimi anni, non era stata cominciata dieta alcuna dalla quale si aspettassino maggiori movimenti: persuadendosi universalmente gli uomini che, oltre all’altre ragioni, farebbe gli elettori e gli altri príncipi piú pronti la speranza che aveano che, per l’etá tenera de’ figliuoli del re Filippo, la degnitá imperiale, continuata successivamente in Alberto, Federigo e Massimiliano, tutt’a tre della casa d’Austria, avesse finalmente a passare in altra famiglia.


VIII

Desiderio del re di Francia d’abboccarsi con Ferdinando d’Aragona, che sta per riassumere il governo di Castiglia. Delusioni e malcontento nel reame di Napoli; il pontefice nega l’investitura a Ferdinando. Cordiale incontro a Savona de’ due re. Ammirazione pel gran capitano. Accordi fra i due re; la questione di Pisa. Ira del pontefice contro i Bentivoglio.

Le quali cose pervenute agli orecchi del re di Francia lo avevano indotto a dissolvere, per rimuovere tale suspicione, subito che ebbe ottenuto Genova, l’esercito; e arebbe esso con la medesima celeritá ripassato i monti se non l’avesse