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328 storia d'italia

ordine suo era stata nell’anno medesimo rinfrescata piú volte di qualche quantitá di vettovaglie, da piccoli legni i quali, fingendo di volere entrare nel porto di Genova, vi si erano accostati furtivamente; ma l’estremitá del vivere era tale che, non potendo quella fortezza aspettare il soccorso, furono costretti quegli di dentro ad arrendersi a’ genovesi; i quali, con dispiacere maraviglioso del re, la disfeceno insino da’ fondamenti. Rimosse la perdita della Lanterna il re in tutto da’ pensieri di molestare per allora Genova, ma si voltò tutto alle preparazioni di assaltare il ducato di Milano l’anno futuro: e sperava insino a qui, per la intenzione buona che gli dava il pontefice, per la disposizione che aveva dimostrato nelle pratiche col re d’Inghilterra e con i svizzeri, e per lo averlo stimolato a fare la impresa, gli avesse a essere congiunto e favorevole; massime che a lui faceva offerte grandi, e particolarmente prometteva aiutarlo ad acquistare il regno di Napoli o per la Chiesa o per Giuliano suo fratello. Ma nuove cose che sopravennono cominciorono a metterlo in qualche diffidenza di lui.

Non aveva il pontefice mai voluto comporre le cose del duca di Ferrara, se bene, nel principio della sua promozione, gli avesse dato in Roma grandissima speranza e promesso la restituzione di Reggio al ritorno di Ungheria del cardinale suo fratello; al quale poiché fu ritornato, era andato differendo con varie scuse: confermategli però le medesime promesse non solo con le parole ma con uno breve, e consentendo che egli pigliasse l’entrate di Reggio come di cosa che presto avesse a ritornare sotto il loro dominio. Ma la intenzione sua era molto diversa, e inclinata a occupare Ferrara; stimolato da Alberto da Carpi oratore cesareo, inimico acerbissimo del duca, e da molti altri che gli proponevano ora l’esempio della gloria di Giulio, fatta eterna per avere tanto ampliato il dominio della Chiesa, ora l’occasione di dare uno stato onorevole a Giuliano suo fratello: il quale, avendosi proposto speranze poco moderate, aveva spontaneamente consentito che Lorenzo suo nipote ritenesse in Firenze l’autoritá della casa de’ Medici.