credo che Dio vi mandi tante vittorie, per questo credo che Dio vi apra la via alla monarchia, con la quale sola si possono fare sí santi effetti; e meglio è che si tardi a dare loro principio per fargli con migliori e piú certi fondamenti. Né vi alieni da questa deliberazione il timore di tante unioni che si minacciano, perché troppo grande è l’occasione che avete in mano; né mai, se le cose saranno bene negoziate, la madre del re, per la pietá materna e per la necessitá di ricuperare il figliuolo, si spiccherá dalle speranze di riaverlo da voi per accordo; né mai i príncipi d’Italia si unirarno col governo di Francia, conoscendo che sempre sia in potestá vostra, col liberare il re, separarlo anzi voltarlo contro a loro. Bisogna stieno attoniti e sospesi, e alla fine faccino a gara di ricevere le leggi da voi: a quali sará glorioso usare la clemenza, e la magnanimitá quando le cose restino in grado che e non possino mancare di riconoscervi per superiore. Cosí la usorono Alessandro e Cesare, che furno liberali a perdonare le ingiurie, non inconsiderati a rimettersi da se stessi in quelle difficoltá e pericoli che avevano giá superati. È laudabile chi fa cosí perché fa cosa che ha pochi esempli, ma per avventura imprudente chi fa quello che non ha alcuno esempio. Però, Cesare, il parere mio è che di questa vittoria si tragga piú frutto che si può; e che perciò il re, trattandolo sempre con onori convenienti a re, sia condotto, se non si può in Spagna, almeno a Napoli. In risposta della lettera sua si mandi a lui uno uomo con benignissime parole, per il quale si proponghino le condizioni della sua liberazione; tali che, come particolarmente si potrá consultare, sieno premi degni di tanta vittoria. Cosí, fermati questi fondamenti e questi fini del vostro procedere, la giornata e gli accidenti che si scopriranno, fará piú presta o piú tarda la liberazione del re, lo stare in guerra o in pace con gl’italiani; a’ quali si diano per ora buone speranze: e si augumenti quanto si può il favore e la riputazione dell’armi con l’arte e con la industria, per non avere a tentare ogni dí di nuovo la fortuna; e stiamo parati ad accordare con questo o con quello o con tutti insieme o con nessuno,