Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/332

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e ’l cor s’affligge e strugge
e come leon rugge,

quando a tanta viltade avvien che pensi :
tu vedesti ’l mio fango,

Signore, e sai quel ch’io sospiro e piango.

Il mio continuo pianto
e l’ostinato affanno

la luce agli occhi, a l’alma il vigor toglie:

i cari amici intanto

lunge da me sen vanno

né pietá alcuna i miei sospiri accoglie:

vi è ben con fiere voglie

chi lacci a’ miei piè tende;

altri con sue menzogne

m’assalse e con rampogne;

ma, com’uom che non parla e non intende,

io sordo e muto fui

né mai risposi al mormorar d’altrui.

Perché in te solo spero,
tengo certa fidanza

che vorrai, Padre, al gran bisogno aitarmi;
e, perché quell’altiero
abbassi ogni baldanza,

che ad ogni inciampo mio parate ha l’armi,

so che vorrai salvarmi;

perché ’l mio grave fallo

conosco e non lo scuso

né la pena ricuso

né pongo al bene oprar tempo o intervallo,

se fia la tua man presta,

contra chi turba ogni mia impresa onesta.

Fra le sirene io varco e fra gli scogli:
dammi, Signor, virtute,
ch’io venghi a te, mio porto e mia salute.