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Pagina:Guido Carocci I dintorni di Firenze 01.djvu/83

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BARRIERA DELLA QUERCE. 65

Buoncantone. - Villa Norsa. — Col nomignolo di Cantone e di Malcantone erano denominate, come abbiam detto, diverse antiche ville poste nella parte orientale del popolo di S. Gervasio presso il vecchio corso del torrente Affrico che venne spostato per l’ampliamento della cinta daziaria. Per distinguerla dalle altre, questa villa che in antico appartenne ai Panciatichi, poi ai Gherardi, venne denominata Buoncantone. Nel maggio del 1544 Cesare ed i fratelli figli di Bartolommeo, più comunemente chiamato Baccio Bandinelli scultore, acquistavano la villa dai Sindaci di Alessandro Gherardi e per un lungo corso di secoli il possesso non uscì dalla famiglia Bandinelli. Per quanto acquistata in nome de’ figli, la villa servì di dimora anche allo scultore devotissimo della casa Medicea, come può rilevarsi da un’epigrafe che tuttora si conserva in questo luogo.

Ampolloso come artista e come uomo, il Bandinelli volle con quest’iscrizione affermare che dal suo antichissimo e nobilissimo sangue era uscito Rainuccio Bandinelli senese che fu Papa sotto il nome di Alessandro III, ciò che del resto è da mettersi in dubbio.

La villa è d’elegante e corretta architettura de’ primi del XVI secolo ed ha nella parte interna un grazioso cortile con portico di puro ordine toscano, eretto indubbiamente prima che essa fosse acquistata dai Bandinelli

Malcantone. - Casa delle Suore Calasanziane. — Fin dal XIV secolo era una casa da signore della famiglia Martelli. Nel 1592 il cav. Domenico Martelli la vendè a vita a Girolamo di Raffaello Ubaldini dottore e sacerdote fiorentino, ma poco dopo, gli ufficiali della Mercanzia come creditori del Martelli se ne impossessavano e nel 1600 la vendevano al cav. Rodrigo Alidosi discendente dall’illustre famiglia che ebbe un giorno la signoria d’Imola. Ma sembra che l’Alidosi non avesse la fortuna pari alla nobiltà, perchè gli ufficiali del Monte glie la sequestrarono vendendola nel 1615 a Bartolommeo di Roberto Galilei. I Galilei la possedettero fino alla loro estinzione lasciandola, insieme al nome, in eredità ai Mannelli ai quali fino a pochi anni addietro appartenne.