Pagina:Hoffmann - Racconti II, Milano, 1835.djvu/122

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“Serpentina! amabile Serpentina! gridò Anselmo delirante di felicità; poichè guardandola d’appresso era una bella ed amabile fanciulla, erano quegli occhi azzurri che da tanto tempo riempivano la sua anima di turbamento e di felicità, e la fanciulla guardandolo con una tenerezza inesprimibile nuotava nell’aria avvicinandosi a lui. Le foglie sembrarono abbassarsi e distendersi: dappertutto lunghe spine uscivano dai tronchi, ma Serpentina si sdrucciolava con tanta destrezza, tirando dietro di sè il suo abito di madreperla, ch’essa passava attraverso tutte le punte delle palme senza restarvi attaccata nemmeno una volta. Ella sedette sulla sedia d’Anselmo, vicino a lui; lo circondò con un braccio e lo strinse verso di sè; lo studente non perdeva nulla nè del soffio delle sue labbra, nè del calore elettrico del suo corpo. “Caro Anselmo, disse Serpentina, alfine tu sarai presto mio, la tua fede, il tuo amore ti assicureranno il mio possesso ed io ti porterò il Vaso d’Oro che deve renderci felici per sempre.” — “Oh cara! amabile Serpentina! riprese Anselmo, se io ti possiedo,