Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
40 | Capitolo sesto |
Con un colpo secco la troncò e dai due capi si videro tosto sgorgare due zampilli d’acqua limpidissima.
— Non sarà velenosa, signore? — chiese il marinaio, esitando.
— No, uomo diffidente: bevi con tuo comodo che ce n’è per tutti. —
Enrico ed il mozzo applicarono le labbra ai due pezzi della liana e bevettero avidamente, poi lasciarono il posto al signor Albani, che si era rifiutato di accettarlo prima.
— È vera acqua, signore, — disse il marinaio. — Ma che specie di pianta è questa, che fa l’ufficio delle fontane?
— Si chiama aier dagli abitanti delle Molucche e d’Amboina, ma è poco conosciuta dai naturalisti europei. Solamente Rumfio e il nostro Rienzi, il valoroso esploratore di queste regioni, ne hanno fatto cenno. È però comunissima e gl’isolani ne fanno molto uso quando l’acqua diventa scarsa nei serbatoi e nei torrenti.
So che anche le frutta di questa liana contengono molto umore acqueo.
— Che piante strane! — esclamò Piccolo Tonno.
— Ne troveremo delle altre che ci daranno dell’acqua. Seguitemi, amici.
— Dove ci conducete?...
— A trovare i materiali per la nostra capanna. Vedo laggiù una piantagione di bambù e quelle canne robustissime e facili a trasportarsi, ci serviranno a meraviglia.
— E i rottami non possono servirci? —
Il veneziano parve colpito da quella domanda.
— È vero, — disse. — Vi sono i cordami, le vele e anche le aste di ferro dei pennoni, che ci possono giovare per molti usi. È meglio che riportiamo tutto ciò a terra, prima che la marea respinga il rottame al largo. Questa notte potremo accontentarci d’una tenda. —
Tornarono verso la spiaggia cercando un passaggio che permettesse loro di scendere verso il mare, e lo trovarono a duecento passi dalla grande rupe. Colà la sponda s’abbas-