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278 I Vicerè

poco se ne andarono, lasciando Chiara sola col marito a guardar soddisfatta quel pezzo anatomico, il prodotto più fresco della razza dei Vicerè. Premeva al principe di tornare dallo zio duca; per fargli cosa grata, prese con sè il figliuolo, quantunque fosse l’ora che il ragazzo doveva tornare al convento. La famiglia era appena arrivata al palazzo, che s’udirono di lontano suoni confusi: battimani, grida, squilli di tromba e colpi di gran cassa. Una dimostrazione di cittadini d’ogni classe con bandiere e musica, capitanata dai Giulente, veniva ad acclamare il primo deputato del collegio, l’insigne patriotta. Il portinaio, vedendo arrivare quella turba vociferante, fece per chiudere il portone; ma Baldassarre, mandato giù dal duca, gl'ingiunse di lasciarlo spalancato. La folla gridava: Viva il duca di Oragua! Viva il nostro deputato! mentre la banda sonava l’inno di Garibaldi e alcuni monelli, animati dalla musica, facevano capriole. I Giulente, il sindaco, altri otto o dieci cittadini più ragguardevoli parlamentavano con Baldassarre, volendo salire a complimentare l’eletto del popolo; poichè il duca si trovava su, nella Sala Gialla, il maestro di casa ve li accompagnò: Benedetto Giulente, appena entrato, vide Lucrezia accanto alla principessa, ancora col cappellino in capo. Il duca, fattosi incontro ai cittadini, strinse la mano a tutti, prodigando ringraziamenti, mentre dalla via veniva il frastuono delle grida e degli applausi, e il principe, visto nel crocchio un jettatore, impallidiva mormorando: «Salute a noi! Salute a noi!» Fu il nuovo eletto, pertanto, quello che presentò Giulente alle nipoti. Il giovane s’inchinò, esclamando raggiante:

— Signora principessa, signorina, sono felice e superbo di presentar loro la prima volta i miei omaggi in questo fausto giorno che è di festa per la loro casa come per tutto il paese....

— Viva Oragua!... Fuori il duca!... Viva il deputato! — urlavano giù.

E Benedetto, quasi fosse già in casa sua, spalancò il