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I Vicerè 323

davano gli zii. Il più contento, con tutto questo, era Frà Carmelo: gli pareva d’essere l’autore di quel trionfo, d’aver diritto ad una parte degli applausi, delle congratulazioni, dei baci delle signore. Non aveva covato con gli occhi quel ragazzo nei cinque anni del noviziato? Non aveva vantato il suo ingegno, predetto la sua riuscita? I maestri si lagnavano perchè non amava lo studio: doveva dunque fare il medico o l’avvocato o il teologo? Ai Benedettini ci stava per ricevere l’educazione conveniente alla sua nascita; poi sarebbe andato a casa sua a fare il principe di Francalanza!

E questo era il giorno che Consalvo aspettava; per l’impazienza di non vederlo arrivare, per farsi mandar via, egli sfrenavasi sempre più, metteva con le spalle al muro non più i Fratelli e i camerieri, ma lo stesso Maestro. Durante la rivoluzione e subito dopo, i Tignosi avevano tolto dal convento Michelino, i Cúrcuma Gasparino, i Cugnò Luigi; nè altri novizii erano entrati, fuorchè Camillo Giulente, giacchè dicevasi che il governo avrebbe soppresso i conventi. Restavano soltanto quelli che le famiglie destinavano a professarsi, Giovannino Radalì, fra gli altri, il «figlio del pazzo.» Morto suo padre, la duchessa, per amore del primogenito, destinava il secondo a farsi monaco. Ma Consalvo, che non doveva professarsi, voleva andar via, al più presto, subito; e invece suo padre, ogni volta che gli domandava: «Quando tornerò a casa?» rispondeva col solito suo fare secco e freddo che non ammetteva replica: «Ho da pensarci io!» E non ci pensava mai, e il ragazzo sentiva crescere l’avversione che quel padre rigido, del quale non rammentava una buona parola, gli aveva ispirato. Quando andava a casa in permesso, egli stava un momento con la mamma, poi se ne scendeva giù nella corte, passava in rivista i cavalli e le carrozze, domandava il nome di tutti gli arnesi delle scuderie; e la tonaca gli pesava, perchè non gli permetteva di salire a cassetta e d’imparare a guidare. Aveva tempo di spassarsi, gli diceva Orazio, il nuovo cocchiere, poichè Pasqualino era par-