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494 I Vicerè

morte del padre come sopra un avvenimento necessario alla propria felicità, considerava anche un altro lato della quistione: l’insufficienza di tutta la fortuna paterna, il giorno in cui egli ne sarebbe stato unico padrone, a dargli le soddisfazioni che andava cercando. Grande laggiù, e anche da per tutto, per uno che non avesse voglie smodate, il patrimonio del principe di Francalanza era per Consalvo poco più che la mediocrità, a Roma. La morte del padre era dunque inutile; egli doveva cercare un altro mezzo. E lì alla capitale, quando vi passò di ritorno, egli lo trovò.

Lo zio duca, fra le altre lettere, gliene aveva date parecchie per i colleghi del Parlamento. All’andata, egli aveva visto un momento l’onorevole Mazzarini, giovane avvocato della provincia di Messina, il quale faceva la politica continuando ad esercitare la professione. Di ritorno, Consalvo pensava a tutti fuorchè a costui, pel quale sentiva un profondo disprezzo di razza, quando una sera si vide accostato per via dall’Onorevole. «Di nuovo a Roma, principino? Di ritorno, naturalmente? Ma perchè non m’avete avvertito del vostro arrivo? Sarei venuto a trovarvi, m’avreste fatto tanto piacere! E vi siete divertito certamente, non c’è bisogno di domandarlo!» Colui parlava a vapore, gestendo, dandogli confidenzialmente del voi, mettendogli le mani addosso. E Consalvo, che alle dimostrazioni d’intimità restava freddissimo, si tirava indietro, schifo di quel contatto. L’Onorevole però, quantunque accusasse un gran da fare, e avesse infatti lasciato un crocchio di gente che lo attorniava, lo trattenne un pezzo; prima di lasciarlo gli disse: «Ci vedremo domani; verrò a trovarvi all’albergo...»

Consalvo fu tanto stupito che non ebbe tempo di levarselo dai piedi. Ed il domani Mazzarini, venuto a prenderlo, lo invitò a desinare con lui, trascinandolo al Morteo. V’erano molti altri deputati, una quantità di clienti li circondava; Mazzarini stesso, prima di potersi sedere a tavola, dovette sbarazzarsi di quattro o