Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/228

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due voci sommesse a destra e a sinistra che dicono in tuono minaccioso: “zitto! taci, o sei morto.” Egli all’opposto alza uno strido: uno degli afferratori gli dà d’una gran zampa in sulla bocca, l’altro mette mano ad un coltellaccio per fargli paura. Il garzoncello trema come una foglia e non tenta pur di gridare; ma tutt’ad un tratto, in sua vece, e con ben altro tuono, scoppia quel primo tocco di squilla così fatto, e dietro una tempesta di rintocchi alla fila. Chi è in difetto è in sospetto, dice il proverbio milanese: all’uno e all’altro furfante parve di sentire in quei tocchi il suo nome, cognome e soprannome: lasciano andare le braccia di Menico, ritirano il loro in furia, spalancano la mano e la bocca, si guardano in cera, e corrono alla casa, dov’era il grosso della compagnia. Menico fuora, e a gambe per la contrada alla volta del campanile, dove a buon conto qualcheduno vi doveva essere. Agli altri furfanti che rovistavano la casa all’alto e al basso, il terribile tocco fece la stessa impressione: si sconfondono, si scompigliano, si urtano a vicenda: ognuno cerca la via più breve per gittarsi alla porta. Eppure ell’era tutta gente provata e avvezza a mostrare il viso; ma non poterono star saldi contra un