Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
110 | I ricordi del Capitano D'Arce |
Al primo vederla, sotto il gran paralume chinese vicino al quale stava più volentieri, non mi parve nemmeno tanto patita. Dei pizzi superbi davano una certa vaporosità alla sua figurina snella, e dei grossi filari di perle le coprivano interamente la scollatura del vestito. Ripeteva sovente: — Adesso sto bene. Son guarita interamente.
Sorrideva anche delle sue paure. Soleva rammentarle soltanto per far capire che le avevano lasciato una grande indulgenza per tutte le debolezze e tutti gli errori umani. — E i tradimenti anche! — mi disse, spalancando gli occhioni, e accennando col muover del capo e col sorriso che mi accusavano. — Sapete che sono stata molto male, caro d’Arce? Ho creduto di fare il gran viaggio! Torno da lontano, adesso.... di laggiù, dove si sa tutto, e tutto si perdona!....
Si volse a cercare la sua amica Maio, e la pregò lei stessa di offrirmi il thè. Da lontano vidi i suoi occhi fissi su di noi, nel breve istante che scambiammo un profondo inchino cerimonioso. Poi la bella Maio tornò a raccogliere gli omaggi altrui come una regina. Quando andai a posare la tazza vuota sul tavolinetto, al quale la signora Ginevra appoggiava di tanto in tanto la mano, coll’aria un po’ stanca e af-