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Pagina:I vecchi e i giovani Vol. II Pirandello.djvu/131

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messo tutto quel giorno i corridoi della Camera. Si trattava delle quarantamila lire, di cui appariva debitore verso la Banca Romana, Roberto Auriti, “notoriamente prestanome — diceva il giornale — d’un deputato meridionale molto conosciuto e nelle grazie, fino a poco tempo fa, se non proprio del Governo, di qualche membro (hic et haec) di esso„. E quel giornale, seguitando, parlava delle carte sottratte per salvare questo deputato meridionale. Ma nella fretta, all’ultimo momento, qualche biglietto era rimasto fuori e caduto in mano all’autorità giudiziaria, qualche biglietto appunto dell’Auriti, ora in ricerca affannosa di quelle quarantamila lire, per salvar sè e l’amico.

Capolino diceva che parecchi deputati dell’Estrema Sinistra avrebbero portato la denunzia alla Camera, e prevedeva imminente l’arresto dell’Auriti.

Lando Laurentano era su le spine. Tutto il pomeriggio di quel giorno aveva cercato d’appurare donde quella notizia fosse pervenuta al giornale del mattino: pareva riferita da qualcuno che fosse stato a origliare all’uscio della stanza, in cui Giulio Auriti aveva implorato ajuto da lui; e temeva che questi potesse ora sospettarlo autore della denunzia.

Il Salvo, il Vella e il Capolino, notando il turbamento del giovano principe, si misero a compiangere Roberto Auriti, come una vittima, e il Salvo lasciò intendere chiaramente ch’egli sarebbe stato disposto ad approntare quella somma per salvarlo; ma il Capolino disse che ormai era troppo tardi. Non restava che di prendere una tazza di the, che Lillina aveva già preparato.

Le prime due tazze, recate da Ciccino, erano andate a donna Rosa e a Dianella. Nicoletta ne porgeva ora una a Lando Laurentano.