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solenne bastonata. Conteneva quindici franchi che consegnai alla Carola, dicendole:

— Con cinque o sei lire le fai una veste di velo bianco e col resto la inghirlandi di fiori.

E siccome la buona donna esitava a prendere i denari:

— Sono proprio miei — aggiunsi con fierezza. — Quindi posso disporne come mi pare e piace!

La sera, mi fu concesso di andare a darle un ultimo addio e io provai un senso di materna tenerezza a vederla così bene accomodata per detto e fatto del mio piccolo sacrifizio.

Mentre sua madre e io le accomodavamo sul petto le lunghe ciocche dei biondi capelli spartiti sulla fronte, giunse la cameriera della signora Nerina accompagnata da un fioraio che reggeva a mala pena una immensa ghirlanda formata di gigli e di rose bianche: un tesoro, un poema di candore.

La Càrola proruppe in pianto, e mentre i due sopravvenuti disponevano i fiori intorno alla bellissima estinta, essa mi sussurrò all’orecchio, agitatissima:

— Avrò fatto bene ad accettarla, trattandosi della ... signora Nerina?

— Oh certo — risposi — l'Assuntina pregherà anche per lei, principalmente per lei ... povera signora Nerina!

E per tutta quella notte, e per tutto il giorno dopo, non riuscii a liberarmi da questo pensiero:

— Perchè nessuna delle signore oneste che abitavano il casamento aveva avuto la gentilezza di mandare un fiore alla povera morta?