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118 Matteo Bandello

LXIII.

Occhi ardenti, parole soavi della Mencia: loro effetti sul poeta.


In ciel di perla duo bei soli ardenti,
     Che fanno ognor invidia all’altro sole,
     I’ vidi fiammeggiar, e udii parole
     4Con non uditi mai soavi accenti.
E vidi altiera donna a passi lenti
     Mostrarsi, com’in Pafo Vener suole,
     Con bellezze divine al mondo, e sole
     8Da far di fuoco le più fredde menti.
E vidi que’ begli atti onesti e vaghi
     Possenti a tor di mano a Giove l’arme,
     11Quando gli strali avventa colmo d’ira.
Ond’io sentii di fiamma tutto farme
     Sì che non vuo’ che ’l cor d’altro s’appaghi,
     14Perch’è beato chi per lor sospira.


V. 1. In ciel di perla cfr. son. LV, v. 2.

V. 2. L’altro sole, il vero, ha invidia del sole che brilla negli occhi della Mencia. Identico spunto nel Petrarca, Canz., C, vv. 1-2, e specialmente in questo verso: «Ch’han fatto mille volte invidia al sole», Canz., CLVI, v. 6, che già citammo in nota vv. 9-14, son. VII.

V. 5. A passi lenti, che conferiscono maestà all’incedere. È il classico: «Et vera incessa patuit Dea», Virg., Æneid., I, 405.

V. 6. Venere, in Pafo città dell’isola di Cipro dove la Dea era venerata.

V. 10. Possenti, validi a disarmare Giove che irato scaglia i suoi fulmini. Cfr. son. XLVIII, v. 2.

V. 14. Per lor, per i «duo soli» del v. 1, per gli occhi della Mencia.