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in potere di questo conte, che potendone disporre liberamente il concesse al Monastero di Breme, rimanendo tuttavia in uso appo esso la consuetudine regia. Apprendiamo poi ora da una carta del 19 novembre dell'anno 929 pubblicata nel Codice Diplomatico suddetto, che esso conte Sansone e sua moglie Liulkarda possedevano ancora altri beni nel luogo di Canobio, cioè sola una super lacum magiore (così), locus qui nominatur Canobio, cum Kastras inibi constructas, cum servos et ancillas, aldiones et aldionas ad ipsas cortes pertinentibus. Esso conte poi si qualifica, comes sacri palatii, qui professus sum ex nacione mea legem vivere Saliham, cioè per francese nel suo officio di conte del sacro palazzo, residente in Pavia, dove anche fu firmato il contratto. Il nostro Canobio poi ci apparisce così fino dai primordii del X secolo munito di più castelli, e quindi luogo assai fortificato e degnissimo di ogni considerazione.

L'importanza inoltre di questo luogo si mantenne tale nei secoli successivi, nei quali la storia di Canobio acquista maggior luce. Si ha da un'altra carta del 1º settembre 1209 pubblicata nei Monumenti citati di Storia Patria (Chartor, T. 2, p. 1254), che l'abate del Monastero di Breme aveva costituito dai beni da esso posseduti in Canobio un priorato, del quale egli investe come feudo i fratelli Mandelli. L'istromento si dice actum in burgo Canobio; laonde acquistiamo anche la notizia, che Canobio in quel tempo era borgo. Si ha poi dalla Cronaca di Piacenza citata dal Giulini (P. VII, pag. 369) che la famiglia da MandalloFonte/commento: 574 era difatti l'anno 1221 padrona di Canobio. È inoltre sommamente probabile che il priorato ricordato di sopra sia quel monastero, che Gotofredo da Bussero registra tra gli esistenti nella Diocesi di Milano nel suo Catalogo appresso il Giulini (P. VIII, pag. 412) all'anno 1288 col titolo de S. Eusebio in plebe Canobii.

Da tutto questo pertanto mi par evidente la distinzione del nostro Canobio sul Lago Maggiore da quello di egual nome presso il Lago di Lugano; specialmente se si consideri la contemporaneità del loro possesso, l'uno da parte del Monastero di S. Ambrogio di Milano e l'altro da quella del Monastero di