Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/109

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tevano più del sindaco, degli assessori, di tutte le loro misere gare municipali per cui ordinariamente si accapigliavano trovandosi insieme.

— Sarà una mal’annata peggiore della precedente!

— I piccoli furti non si contano più!

— Che volete? La fame è cattiva consigliera!

— Dobbiamo pensare ai fatti nostri, marchese!

— Ognuno ha i suoi guai! — egli rispondeva.

E siccome, una sera, assieme con altre persone, era venuto lassù anche il cavalier Pergola, suo cugino, col quale stava in rottura, il marchese fu costretto a rivolgere la parola pure a lui che si era avvicinato salutandolo il primo.

Il cavaliere, ad arte o no, lo aveva toccato nel debole, domandandogli se era vero che quell’anno avrebbe adoperato la trebbiatrice a Margitello.

— Forse, per prova, togliendola in prestito dal Comizio agrario provinciale.

— Voi potete farlo; ma i piccoli proprietari?

— Si tratterebbe di trasportare i covoni. La spesa verrebbe largamente compensata dalla celerità e dalla perfezione del lavoro. Margitello è un punto centrale.... Noi abbiamo quel che ci meritiamo — aveva soggiunto il marchese. — Non ci curiamo di associarci, di riunire le nostre forze. Io vorrei mettermi avanti, ma mi sento cascare le braccia! Diffidiamo l’uno dell’altro! Non vogliamo scomodarci per affrontare le difficoltà, nè correre i pericoli di una specu-