Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/135

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di poterla osservare da vicino! E il brutto atrio, col pozzo in mezzo, la stalla a destra, la cantina a sinistra, e in fondo la legnaia e la pagliera da far andare in fiamme tutta la casa, se qualcuno vi avesse buttato un zolfanello acceso! E la scala! Buia, storta, non poteva servire ad altro che a far scavezzare l’osso del collo alla gente. Inutile anche, perchè dal lato opposto si entrava a pian terreno, e soltanto affacciandosi ai balconi si capiva di trovarsi al terzo piano.

Egli già aveva tracciato uno schizzo dei mutamenti da fare. Ma l’ingegnere, che mostrava di non raccapezzarsi, avea voluto, innanzi tutto, rendersi conto della solidità dei muri sottostanti, delle vôlte, della possibilità dei passaggi da praticare.

— Capisce, marchese!...

Parlava con aria severa, di uomo che la sa lunga e che vuole far valere la sua scienza, stirandosi le grige fedine alla Francesco-Giuseppe, girando il collo dentro il largo colletto con lunghe punte a canale, aggiustandosi gli occhiali affumicati, a capestro, le cui enormi lenti rotonde sembravano due buchi neri sotto la fronte.

Il marchese avea cominciato a irritarsi delle minute osservazioni di lui.

— Guardi, guardi: buttando giù questo muro, non avremo un’ariosa camera quasi immediata alla sala da pranzo?