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Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/177

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— È morto! Che disgrazia! A trentanove anni! Gli uomini come lui non dovrebbero morire mai!

— Muoiono tanti padri di famiglia! — la rimbrottò. — La morte non porta rispetto a nessuno.

Quel lutto di tutto il paese lo irritava. Lo irritava anche il pensiero della morte, che ora gli ronzava nella mente con insolita vivacità e strana insistenza. Gli sembrava che qualcuno gli sussurrasse dentro il cervello: — Oggi a me, domani a te! — E quel qualcuno, a poco a poco, prendeva le sembianze di don Silvio.

Avrebbe voluto esser sordo per non udire le campane di tutte le chiese che suonavano a mortorio, tacevano un po’, riprendevano a suonare! Sarebbe scappato per Margitello, se non avesse riflettuto che le avrebbe udite egualmente e più incupite dalla distanza.

Eppure non si sentiva ancora rassicurato! Volle vedere il trasporto dalla terrazza davanti al Casino.

In Piazza dell’Orologio gran calca. Il mortorio che andava attorno da un’ora, secondo la costumanza, per le vie principali del paese, doveva passare di là per deporre il cadavere nella chiesa di Sant’Isidoro dove gli avrebbero cantato la messa funebre. E già affluiva in piazza la gente che si riversava dalle traverse precedendo il convoglio.

La processione s’inoltrava lentamente: confraternite con gli stendardi avvolti all’asta, frati Cappuc-