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il re del mare | 285 |
Le rocce, assai aguzze, gli avevano fracassata la carena, causandole uno squarcio così enorme, che le onde entravano liberamente nella stiva, rumoreggiando continuamente.
— In che stato è ridotto quel povero legno! — esclamò Yanez, che pareva non meno commosso della Tigre della Malesia. — Che l’abbiano costretto a gettarsi su queste scogliere? Ed il suo equipaggio?
— Vi è una scala di corda a babordo — disse Tremal-Naik. — Saliamo.
— Preparate le armi — comandò Sandokan. — Vi possono essere degl’inglesi a bordo.
— Pronti! — disse Yanez.
Salì pel primo, quindi Sandokan, poi gli altri, tenendo in mano i fucili e le pistole.
Un silenzio di morte regnava sulla nave, ma che disordine sulla tolda!... Si vedevano casse e barili sventrati per ogni dove, fucili e spingarde rovesciate, poi a prora un buco enorme che pareva fosse stato prodotto da qualche granata.
Il boccaporto maestro era aperto e giù, nella profondità della stiva, si udiva l’acqua a muggire cupamente.
— Non vi è nessuno qui — disse Yanez.
— Che cosa sarà successo dei miei uomini? — si chiese con ansietà Sandokan. — E del carico che aveva la nave? Mi pare che la stiva sia stata vuotata.
In quell’istante sulla cima dello scoglio, contro cui s’appoggiava la Marianna, si udì una voce a gridare: — Il capitano!...
Sandokan e Yanez avevano alzata vivamente la testa, mentre i malesi, per precauzione, armavano rapidamente le carabine.
Un uomo dalla pelle oscura, semi-nudo, scendeva rapidamente la roccia, tenendo in mano un parang, la cui larga lama scintillava vivamente ai raggi della luna.
In pochi istanti raggiunse la murata di babordo e balzò in coperta, dicendo:
— Vi aspettavo, capitano.
— Tu, Sakkadana! — esclamarono ad una voce Yanez e Tremal-Naik, riconoscendo in lui il pilota della Marianna.
— Che cosa è successo qui? — chiese Sandokan.
— Siamo stati sorpresi ieri sera da una nave a vapore, che ci ha costretti a gettarci su queste scogliere, avendoci prodotto due