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IL BUON CUORE 59


soccorrere i missionari cattolici italiani e che là appunto s’era proposto di fondare un’opera nuova di carità religiosa e patria e che Monsignor Bonomelli ne fosse acclamato capo. Così, sotto gli auspici dell’Associazione nazionale per soccorrere i missionari cattolici italiani, fu istituita l’Opera di Assistenza degli operai italiani emigrati nell’Europa e nel Levante. Salutiamo con gioia l’apparire di questa verga gentile creata dal soffio di quello spirito

che fa nascere i fiori e i frutti santi.

Ma è una debole verghetta, o Signori. Troverà essa buon terreno? Ardua impresa era quella a cui ponevasi mano; ma le opere della carità difficilmente falliscono; e l’Opera di Assistenza, vinte le prime diffiColta, si diffuse rapidamente nella Svizzera, in Francia, in Germania, nel Lussemburgo, in Austria; creò segretariati, ospizi, infermerie, scuole, società di mutuo soccorso, casse di risparmio, ecc.; trovò simpatia e aiuto nel fior fiore della cittadinanza italiana e nei poteri pubblici, ed ebbe anche all’estero, protettori e amici nei governi e nelle istituzioni, nei personaggi del laicato e del clero.

Noi non dobbiamo disconoscere in questo rapido diffondersi e ingrandire dell’Opera di Assistenza la mano di un’altra Provvidenza governatrice. Riconosciamo però che molto si deve anche ad altre ragioni, cioè al pregio intimo inestimabile dell’Opera stessa. Innanzi tutto l’assenza di ogni intento politico. La politica divide gli animi e guasta le più belle e generose imprese. Qui nulla. L’Opera di Assistenza è il buon Samaritano, che porge il suo soccorso all’uomo morente sulla via di Gerico, senza chiedergli se egli sia pubblicano o fariseo, se parteggi per Samaria o per Gerusalemme. Aggiungiamo l’opportunità dell’Opera. Il fenomeno tutto moderno dell’emigrazione temporanea, sempre crescente, fenomeno che non si può, nè si deve impedire, crea dei pericoli e dei bisogni negli emigranti, e dei doveri speciali nella nazione, che è loro madre. Perciò l’Opera di Assistenza si sovrappone a un bisogno grande dei tempi, e particolarmente grande per l’Italia.

Da ultimo osserviamo che l’Opera di Assistenza è bella di tutta la perfezione, che suol brillare nell’opere della carità cristiana. È debito di giustizia riconoscere che un soffio generoso e fecondo d’opere benefiche agita l’età nostra; ma vuolsi notare che esso tende quasi esclusivamente alla pratica della carità corporale; colpa principalmente le dottrine positiviste e il socialismo materialista. Anche la carità corporale è certamente un gran bene; e Cristo l’ha benedetta e insegnata al mondo. Ma essa non è tutto, perchè il corpo non è tutto l’uomo. Vuolsi curare anche lo spirito e salvarlo dal vario contagio che la lontananza dalla famiglia, la libertà senza limiti, la malvagia compagnia, l’opera delle sette può inoculare nell’emigrato. Infatti avviene spesso che egli parta buono e torni deformato dal vizio e dalle più detestabili tendenze. L’Opera di Assistenza provvede anche a questo: e mentre si adopra di tutta forza al bene materiale degli emigrati, non
lascia loro mancare la parola dello spirito, e li circonda di tali cure affettuose e sapienti, da renderli quasi impermeabili al contagio della depravazione.

Voi lo sapete, o Signori, nè io ridirò quello che fu già detto più volte da voce ben più solenne, ben più autorevole della mia. Mi si conceda invece di por fine al mio breve discorso con alcune note di viaggio, che mostrano l’Opera di Assistenza nell’atto del suo ufficio e permettono di toccarne, per così dire, con mano la opportunità e il valore.

Qui l’oratore ci presenta cinque o sei rapidi schizzi colti dal vero quand’egli ebbe occasione di viaggiare all’estero con Mons. Bonomelli, e conchiude con queste parole, che riportiamo per intero: «Santa, santa, santa, o Signori, è quest’Opera di Assistenza; e chi s’adopera a favorirla e a sostenerla non potrebbe volgere a termine più degno la sua generosità. Essa è la Religione, la Famiglia, la Patria, che seguono invisibili i passi amari dell’operaio italiano esule in cerca di pane; lo seguono con la materna voce consigliera del vivere onesto, maestre di verità e di pace, dispensatrici di aiuto nell’ora della distretta. Quando il giovane Tobia partì per la città dei Medii, la madre cominciò a piangere e diceva al marito: — Tu hai tolto e mandato lungi da noi il bastone della nostra vecchiezza. Oh, non fosse mai stato al mondo quel denaro, per cagione del quale tu l’hai mandato! Perocchè noi ci stavamo contenti alla nostra povertà, e tenevamo per ricchezza il vedere il nostro figliuolo. — E il marito le disse: — Non piangere, il nostro figliuolo andrà salvo e tornerà salvo a noi; e gli occhi tuoi lo vedranno. Perocchè io credo che il buon angelo di Dio lo accompagni, e provveda a tutto quello che gli occorra, finch’egli non ritorni a noi con gaudio.

«Il quadretto biblico, mirabile di semplicità e di affetto, mi fa rivivere nell’anima una lontana immagine di dolore. Da una delle nostre stazioni partiva un treno carico di emigranti. S’incrociavano nell’aria gli estremi saluti, come anime che corressero ancora una volta all’abbraccio; sventolavan fazzoletti, s’agitavano cappelli dai finestrini; e cento mani tremanti, convulse si sporgevano come a un’ultima stretta. Tra la folla dei salutanti e dei curiosi vidi, e veggo ancora, sotto la tettoia della stazione una povera donna dal crine disperso e bianco, levare le braccia scarne e tremolanti verso il cielo con un gesto quasi sacerdotale di implorazione, e l’udii esclamare in voce di pianto: — Sono nelle mani di Dio! — Il treno fischiava già lontano. — Sì, sì, povera madre, sì, sono nelle mani di Dio; e l’Opera di Assistenza è l’angiolo che Egli manda a tutela dei tuoi figliuoli e di tutti i nostri fratelli emigranti».

Mons. Monti suscitò commozione e anche entusiasmo nei punti salienti, quando, con voce vibrata, inneggiava all’Italia e agli italiani. La sua conferenza fu per ogni rispetto un lavoro riuscitissimo.


Monsignor Bonomelli ringrazia.

Alla chiusa Mons. Bonomelli, che non aveva lasciato il pulpito, manifestando il suo compiacimento per il