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Anno XI. Sabato, 11 Maggio 1912. Num. 19.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —U. L. Morichini, Enryk Sienkiewicz e la nuova Polonia — Un concorso drammatico femminile — Tripolitania, versi di una signora francese: Pensées d’encouragement! — Per l’Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi — Opera Pia Catena — P. Teodoro, Il mio amico il deserto.
Religione. —R. B., Vangelo della domenica quinta dopo Pasqua.
Società Amici del bene. —Francobolli usati.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario.

Educazione ed Istruzione


Enryk Sienkiewicz
e la nuova Polonia

(Continuazione e fine, vedi n. 17).


Confesso, che ero uscito dalla breve intervista col cuore stretto: la grande figura che avevo sognato tra le foreste e gli stagni della Mazovia mi s’era rimpicciolita dinanzi, e quel che m’impressionava maggiormente, era il mistero di quel rimpicciolimento, giacchè restava, come resta ancora, in me, l’ammirazione per l’autore della Trilogia e pel novelliere aristocratico e squisito.

Solo più tardi, vivendo un poco nell’ambiente, ebbi la spiegazione del fenomeno.

Enryk Sienkiewicz — come, del resto, quasi tutti i letterati polacchi e, in genere, slavi — non può essere studiato e compreso se non considerando lui tutt’uno col suo popolo, e le sue vicende artistiche unite alle vicende del suo paese, e ciò, a differenza dei nostri letterati ed artisti, i quali possono avere una vita intellettuale dissimile od anche discordante, per caso, dalla grossa corrente del momento, pur rimanendo italiani e nostri.

Dopo il silenzio torpido e stupito che seguì la morte dei tre genî romantici, Mickiewicz, Slowacki, Krasinski, e dopo l’infelice rivoluzione del ’63, l’anima polacca si risvegliò lentamente, rivolta col cuore e con la speranza alla sua grande aristocrazia. Allora questa era ritenuta ancora la sola capace, per coltura e per ricchezza, di risollevare le sorti della grande nazione.

Alle prime speranze nutrite in segreto, fece eco la voce di un artista nuovo. Entyk Sienkiewicz, povero allora, ed oscuro, incominciò una prima opera di redenzione; risollevò e affinò la lingua letteraria del suo paese, ne risuscitò bellezze cadute in oblio, ne scoperse, quasi, delicatezze e sfumature dianzi ignote — tanto da farsi chiamare dal Tetmäier: le maître insupérable de la nuance — e lanciò nel grigio della coscienza nazionale ancora caotica, un primo raggio di luce pura.

Ancora la Polonia non vedeva e non giurava che pel suo eroismo guerriero: le gesta prodigiose di Bem, e i fantasmi delle donne guerriere volteggiavano ancora dinanzi ai suoi occhi sognatori. E Sienkiewicz sentì palpitare nel suo cuore il cuore dei Sapieha, dei Zagloba, dei Wolodiewski e tesse il suo pcema ciclico, possente come un quadro wagneriano. Col ferro e col fuoco, Il Diluvio, Pan Michele Wolodiewski.

Al sentirsi toccare quelle corde profonde, la vecchia anima guerriera del gran popolo si destò completamente; l’opera, forte di una maschia bellezza, soffusa di una poesia che nelle traduzioni italiane non si nota neppure, animata da un soffio ardente di gloria, fu letta con avidità, divenne nutrimento dei giovani, fu esaltata come l’edificio che racchiudesse in sè, nella luminosità di un passato, il fremito vitale di un avvenire. E al termine della Trilogia, la fama e la gloria di Enryk Sienkiewicz furono altissime e purissime nella sua terra.

Solo più tardi ruppero il confine e dilagarono per l’Europa, col Quo Vidis? e quando appunto la Polonia colta incominciava a distaccarsi, nella sua marcia in avanti, dal suo romanziere prediletto.

Erano avvenuti fatti nuovi, e gravi.

Nella Trilogia, non è solo l’esaltazione in astratto della nazione di San Casimiro e di San Stanislao, ma sopra ogni altra cosa la glorificazione e, diremo così, una nuova messa in valore di quella vecchia aristocrazia, che, destata qualche speranza, disilluse presto le classi borghesi, e si ritrasse sdegnosa ed inerte dinanzi alla marea montante del socialismo internazionale e, più tardi, dei democratici liberali.

Il pubblico polacco, quindi, dimenticava l’eroismo guerriero come mezzo di redenzione, abbracciava i sistemi moderni di lotta per la nazionalità, e chiedeva