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370 IL BUON CUORE


pre, e torna col suo ricordo a rivederlo nella solenne funzione, nella predicazione, nelle visite: Casale, che ha traccie solenni, incancellabili dellà carità e della munificenza di Mons. di Calabiana nel ricovero di mendicità, e nella sua insigne Cattedrale; Casale, che si compiacque (e lo poteva in quel tempo) dì vedere il suo Vescovo portare non di rado in seno alla più alta assemblea legislativa la sua parola eloquente a difesa delle ragioni della religione e della Chiesa.

Riconoscenza è dovuta pei benefici ricevuti; e Milano non potrà mai dimenticare le continue e generose elargizioni agli indigenti, i provvidi soccorsi alla povertà occulta e pudibonda, l’aiuto ed il conforto che sempre portò ai suoi sacerdoti, il sussidio a chiese ed istituti poveri, il largo favore alle associazioni religiose, le sue peregrinazioni alle parrochie della Diocesi, per le quali passava — e ne è viva tuttora la memoria — passava facendo del bene a tutti. Quanto bene derivò alla sua diocesi dalla assidua cultura dei Seminari, e dei Collegi di educazione! Qual decoro dal ripristino della Facoltà Teologica! Quale più copiosa sorgente di grazia ebbe aperta nello scoprimento dei Corpi di S. Ambrogio, e dei due martiri proposti da Ambrogio in esempio dei cristiani con quel suo motto: tales ambio defensores! E se questa città e la diocesi si videro provvedute di chiese o nuove, o ampliate, non lo dovettero forse a questo vigilantissimo suo Pastore? E S. Gioachino infatti e S. M. del Suffragio, e S. Luigi, per tacer d’altre, o alla di lui iniziativa sono dovute od al generoso suo concorso.

Ma, se mi rallegro per la dimostrata gratitudine, molto più mi consola la solenne dimostrazione di fede che ora si compie. Dimmi, o cristiana gente, chi intendevi tu di onorare in questo momento? Sono cristiani fedeli quelli che ieri fino dalla spiaggia dell’Adda resero veramente trionfale il passaggio, da paese in paese, di queste venerate spoglie: fedeli cristiani quelli, che dai confini della città la accompagnarono, continuandone il trionfo fino alla Basilica dei SS. Apostoli; fedeli cristiani quelli che stamane venuti damogni parte della diocesi, si affollavano sin dalle prime ore attorno alla ven. Salma, o nella stessa Basilica, onel corteo, o in questa Metropolitana.

E la gente cristiana chi vuol onorare innanzi tutto? Vuol onorare il Vescovo. Mons. di Calabiana, è onorabile, non v’ha dubbio, per le personali sue qualità, per le doti sue egregie di mente e di cuore e per altri titoli che ben sapete; ma se non fosse Vescovo, riscuoterebbe egli il tributo di venerazione, quale vediamo veramente splendido in questo momento, tanto più dopo quasi vent’anni dalla sua dipartita? E’ il Vescovo di tanti anni, ricco di meriti e di virtù.

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Ma ho ragione di compiacermi anche degli ammaestramenti che dobbiamo raccogliere dal venerato Vescovo prima che le spoglie sue venerate scendano nella tomba, sebbene anche di là parleranno ancora. Si ascolti la muta sua parola! Non è parola articolata dalla lingua, ma espressa nella vita. Come risplendette sempre in Lui quella virtù, che bella tra le altre suole appellarsi! Quanto viva la sua fede, salda la sua
speranza e confidenza in Dio, e fervido quell’amore che lo univa al Signore, come lo portava a far del bene a tutti! e se beati sono i poveri di spirito, che hanno cioè il cuore staccato nobilmente dalle vanità di quaggiù, se beati i mansueti, i pacifici, i misericordiosi, noi ne godiamo pel Santo Arcivescovo, il quale e di umiltà, e di mitezza, e di amore della pace di Dio, e di compassione per le altrui miserie lasciò preclari esempi. E non ci lasciò pure la ricca eredità dell’amore alla santa Chiesa, ed all’augusto suo Capo? Oh! quanto piaceva sentirlo ripetere frequente l’immortale sentenza di Ambrogio, applicandola particolarmente alla Chiesa sua: Ubi Petrus, egli diceva, ibi Ecclesia Mediolanensis! e chi ebbe ad ascoltare la splendida sua allocuzione, colla quale inaugurava la Facoltà Pontificia Teologica nel suo Seminario; e chi gli fu presente allor quando s’inaugurarono in Rho le Conferenze Episcopali, ebbe pure ad ammirare l’amore che vivo, ardente nutriva in cuore per il Vicario di Gesù Cristo.

Non finirei sì presto, se tutto volessi qui dire; ma come tacere della fervidissima sua pietà e devozione a Gesù Cristo in Sacramento? Oh! senza un ardentissimo amore al Sacramento Eucaristico, che è centro di tutto il culto che rendiamo alla Divinità, non potremmo darci ragione di tanto zelo per le solennità dello stesso Culto Divino, e di quello spirito di viva divozione che da lui traspariva, specie quando all’altare di Dio celebrava i Divini Misteri.

E che dirò della devozione alla Gran Vergine? Non era egli solito aver sempre vicino l’immagine dell’Immacolata? Non ne parlava egli con speciale trasporto di fede e di amore? E non ha egli sempre zelato l’onore e il decoro dei Santuari dedicati a Maria? Anche tu, o Santa Chiesa di Casale, poi ridire del tenero amor filiale di questo, un giorno tuo Vescovo, verso la Vergine Maria! E dal devotissimo tuo Santuario di Crea parte una voce, che non si spegnerà, per additare in Mons. di Calabiana uno dei figli più devoti alla Madre Divina. Chi è adunque che non possa e non debba qui imparare da tanto Padre e Maestro? L’onorarlo che varrebbe quando non se ne volessero accogliere i saggi ammaestramenti, ricopiarne i santissimi esempi?

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L’Eminentissimo Cardinale Agliardi sintetizza l’opera di Monsignor Calabiana in una lettera che diresse al Rev. Mons. G. Polvara in questi termini:

«Veggo con sommo piacere la solennità che si vuol dare al trasporto della salma del compianto arcivescovo Calabiana e come essa sia promossa dal veneratissimo cardinale arcivescovo Ferrari. Ne ho sommo piacere, perchè monsignor Calabiana ebbe sempre per me, dum essem in minoribus, una benevolenza speciale, ed io aveva di lui una stima grande, e una venerazione quasi filiale.

La venuta a Milano di Mons. Calabiana fu una provvidenza della S. Sede e del Cielo. Uomo retto, tenace della disciplina ecclesiastica, di dottrina sana e varia, di tratto cortese e sempre equilibrato, aveva legato a sè gli animi e conciliato all’autorità ecclesiastica con