Pagina:Il buon cuore - Anno XIII, n. 10 - 7 marzo 1914.pdf/3

Da Wikisource.

mi propri Tevere ed Arno non precedono gli. articoli, 4z ciò per proprietà filologica e geografica, perchè la circoscrizione è molto lata, mentre per maggior precisione Dante avrebbe dovuto ricorrere al Raspina e al Corsalone che scorrono a due chilometri dalla Verna. Dirà taluno in questi ’tempi, in cui tanto poco si cura e si studia la lingua di. Dante, che queste sono minuzie: ma io rispònderò con Quintiliano che i grandi scrittori guardano molto anche alle cose piccole. Non senza grave ragione il Poeta nella perifrasi, che circoscrive l’Alvernia, preferisce nominare due famosi fiumi, il Tevere e l’Arno; per dire, secondo me, che a Roma, sede del cattolicismo, dove passa il Tevere, era il cuore di Francesco, e che a Firenze, dove passa l’Arno, era il cuore dell’esule Poeta. Religione e Patria adunque,, i due più sublimi ideali, sono qui avvinte in mirabile unione. Da Cristo prese l’ultimo sigillo. — Vedete il grande cattolicot, che ammette senza dubbio il fatto prodigioso delle Stimmate. Alcuni moderni, che hanno voluto indagare la vita di S. Francesco e specialmente questo fatto, hanno dette cose da far andare in bestia, se non ci movessero piuttosto a commiserazione. Non vi è paradosso che non sia uscito dalle loro labbra. Kael con Hase, Voigt, Miilltr, Paolo Sabatier, Nino Tomassia ed altri ci hanno dipinto in San Francesco un socialista, un ribelle alla Chiesa e al Papato, un antesignano di Lutero, e per-. sino un mito. Il fatto delle Stimmate è stato da loro giudicato un fenomeno patologico. Dante all’incontro, a cui non manca profonda fede religioSa, studio largo ed accurato, e conoscenza dei tempi a sè tanto vicini, ci’ presenta S. Francesco qual’è veramente il più grande campione della Chiesa Cattolica, ed il fatto delle. Stimmate un avvenimento soprannaturale che riveste una certezza indiscutibile. Ecco, o lettori, il cattolico saldissimo, che non si affida solo alla umana ragione che ha corte cali, ma abbracciando la rivelazione che illustra e compie la scienza, nella sua fede

na. — L’ultimo sigillo, perchè ultimo di tempo e ultimo di valore, siccome quello che veniva da Dio medesimo. Che le sue membra du’ anni portarno. — . E’ la riprova materiale delle Stimmate. Imperocchè non dobbiamo credere che Dante ammettesse tutto a chiusi occhi, ma egli era un profondo osservatore, un critico finissimo, un biologo acutissimo, che, non si sarebbe lasciato facilmente ingannare; e difatti egli si assoggettava solo al dolce aspetto della verità dopo prove chiare ed evidenti, provando e riprovando (Par. III), al contrario di tanti filosofastri moderni che per spirito soggettivista negano anche la luce nel sole quando ripugni alle loro teorie. Ma Dante nel Crocifisso della Verna dovette vedere qualche cosa di più di quello che finora si è detto: egli dovette ravvisare e venerare in Lui, che per Cristo, si era fatto pupillo, cioè conculcatore di tutte le cose terrene, il precursore del grande Riformatore della civile e religiosa società, del’Veltro dal Poeta profetato e tanto sospirato. Difatti Taddeo Bareoli, pittore della scuola sanese del principio del ’400, che era molto vicino alle tradizioni dantesche, ci dipense in un quadro, che si consetva nel Museo di Perugia,’ S. Francesco che mostra le sue Stimmate e coi piedi schiaccia l’invidia, la superbia e l’avarizia, le tre fiere allegoriche adunque di Dante, che fanno guerra alla felicità dell’uomo, e che dal Veltro saranno perseguidte e sbandite dal mondo. Parte adunque grande, importantissima ha la Verna nella vita e nel poema di Dante — parte che niuno finora ha segnalata. — Essa ci riporta agli anni giovanili dell’Alighieri, quando combatteva sui colli di Campaldino per la gloria della patria, e ne usciva con grandissima allegrezza, coronata la fron’e dell’alloro della vittoria. Ci riporta ancora più strettamente ai giorni dell’esilio dell’infelice Poeta, quando era costretto a mangiare lo pane altrui e dissetarsi di

Sta come torre ferma che non crolla Giammai la cima per soffiar de’ venti.. ruscelletti, che dei verdi colli Deil Cosentin discendon giuso in Arno (Inf. XXX). Ci riporta anzi propriamente a tutta la sua vita di cattolico fervente e di sommo ammiratore ed esaltatore dello stimatizzato della Verna, in cui egli ravvisava il salvatore della religione e della soceità nel secolo XIII. Povero Alighieri! Quando, suonata l’ora della sventura, si troverà a peregrinare id.’ Casentino, forse si renderà ben tetragono ai colpi di ventura, riguardando alla Verna, su cui si era rinnovellata la Passione di Cristo: ritemprerà l’animo nel pensiero tutto francescano, che l’uomo non si sazia che al fonte dell’eterna verità e felicità ch’è Dio (Par. IV, 126): e mentre fin dalla puerizia matura la trama del grande Poema, a cui ha posto mano e cielo e terra, alla Verna rapirà uno di quei quadri che rendono insuperabile il suo Paradiso. Pompeo Nadiani.

Da Crissto S. Francesco prende la suprema approvazione dell’Ordine, dopo averla ottenuta da due Sommi Pontefici. Ecco ancora, o lettori, qui il profondo canonista, che sa che gli Ordini religiosi debbono essere approvati dal Papa, e che la sanzione del Papa è sanzione di Dio, secondo le celebri paiole di G. Cristo: Quodcumque ligaveris, ecc. — Da Cristo, e non da Gesù, riceve San Francseco le Stimmate, perchè è il Sacerdote inimcgato sulla Croce che deve imprimere nelle membra di Lui vittima di espiazione,.questo segno- speciale di soddisfazione. — Prese, non l’ottenne, perchè gli si doveva per giustizia — corona Justitiae — in ragione dei suoi meriti, preclarissimi: è la sete del martirio (dirò coll’illustre marchese F. Crispolti), che non ha potuto saziare in Siria, ma che viene a chiamarlo colle piaghe sanguinose della passione di G. Cristo sul monte della Ver