Pagina:Il canapajo di Girolamo Baruffaldi, Bologna 1741.djvu/31

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Troppo s’ingrossa per soverchio umore,
Deludendo così nel miglior tempo,
285De l’affannoso agricoltor la speme,
Il quale ogni sudor, ogni suo studio
Perir si vede non maturo, o in erba.
Tal n’avrà danno ancor, se questo campo
Non sarà aprico e aperto, e in ogni parte
290Del benefico sole esposto ai rai.
Chi vuol vedere il canaposo bosco
Ben folto, e di statura gigantesca,
Sterpi ogni pianta che ’l terren circonda,
Sicchè l’ombra maligna non l’aduggi :
295O almen se tutte di troncar non osi,
(Perchè il danno presente assai tu guardi,
Piucchè l’util venturo, e forse incerto)
Almen su quelle sol cada il tuo ferro,
300Che zazzerute più, più son ombrose,
Olmi, roveri, frassini, e cent’altre,
Che quando ’l sol più cuoce in sul meriggio
Al sudante bifolco fanno orezzo .
Sappi, che ’l sole è padre universale,
305E gran limosinier de la natura:
E dove dominar non può ’l suo raggio,
Freddo tutto riman, languido e tristo.
Però, se ami la canape, a le piante
D’adulta scorza, e gigantesca vetta,
310Giura perpetua guerra, e non amarle,
Nè perdonare a la tagliente scure,
Che ogni anno almeno ne recida i rami.
Così ’l sol co’ suoi raggi, e l’aria aperta,
E ’l ciel tutto a suo pro scoperto in vista,
315Tutte serenerà le tue speranze,
E doppio frutto in sua stagion n’avrai.