Pagina:Il mio cuore fra i reticolati.djvu/255

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Mentre la comitiva seguitava a tempestare dietro la porta, Glorietta, rapita dal proprio nudo, sorrideva, sorrideva, e non sapeva e non sentiva nulla. Un pensiero non espresso, una sensazione immensa senza parole, l'aveva avviluppata, e scorreva sotto tutta la sua pelle, dal tallone alla nuca, come un gran getto di sangue luminoso, che, difatti, le illuminò gli occhi che balenarono profondi e le agitò un brivido che le sciolse sulle spalle la vasta massa dei capelli nerissimi.

Allora sentì freddo, e si tuffò con violenza. Poi afferrò il sapone, e lo fece scivolare velocemente su tutta la pelle, senza più guardare lo specchio.

Si era accigliata. Un'ombra le annuvolava la faccia, dopo quel gran baleno di luce. Quando la sua pelle fu tutta schiuma, quando si trovò con le mani sui ginocchi che schioccavano felici dell'insaponatura, Glorietta udì finalmente che dal corridoio la si chiamava con seria insistenza:

— Glorietta! Ma sei sorda dunque? C'è un telegramma per te, hai capito? Un te-le-gram-ma!

Si fermò. Guardò davanti a sè, trasalendo, con un cipiglio di sospetto. Un telegramma?! Scherzavano!

— Guarda, lo infiliamo sotto la porta.