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S ATTO PRIMO.
f [cllcuata l'atra»
Scura l fuo naturai, fura feSìtff* In quel Regno di face Sarà prefft al fu Jpofo Di fummo ben, di fummo Amor capace.
Mor. I. Rammentarem là sù-quei lunghi affanni, Quel ptnofo martir, che s) ci affliffe-, Che fe ben non hautam pena delfenfo
- Tfimintairice,ahi,chere[ìar tanti anni
Priui del Citlo inariditi,e ciechi, . Non vagheggiar di Dio gli almi fpleridori Cagionaua tal tedio a’ dtftr nofin , Che fmZ* altro fconttnto, Tilt graue effer parca a ogni tormento: Aia perche l'hucm non fente, Mentre Uà qui, coiì notabi! danno !
Idor.l-Cht non e ancor di tanto ben capite*.
yiue il fant ini tra i gennai fegrett.
Rifinito sì, ch'in picciol giro i auuolto', .
Ni il picciol pii, ne il pargoletto braccio DMender (no, quant'ì’l minor fuo dito: ile tenebre [ne fon così dertfe, Clìo[cure menfur le Cimerii grotte : E pur non piange, e libertà non cura-, Ni brama il Sol, »è le fue notti abhorre; Che non fofliene ancor più lieto albergo.
Ma quando giunge ut fin t'hora prefifia, I può goder quefl'aria,e quello Cielo ;• AUbora,e rompe i chioflri, e sbalza fuor* Con forza tal,che fe non troua il varco.
Pria la fua madre, e poi fi fieffo vccide.
Così, mentre viuiam qua giù, Natura Par che ci porti al ventri }t cinafctnda