Pagina:Il piacere.djvu/106

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e sonore, passando su tutta quella mitologia come un vento su un giardino opulento.

― Mi amerete voi? ― chiese il giovine. ― Ditemi che mi amerete!

Ella rispose, con lentezza:

― Son venuta qui per voi soltanto.

― Ditemi che mi amerete! ― ripetè il giovine, sentendo tutto il sangue delle sue vene affluire al cuore come un torrente di gioia.

Ella rispose:

― Forse.

E lo guardò con lo sguardo medesimo che la sera innanzi era a lui parso una divina promessa, con quell’indefinibile sguardo che quasi dava alla carne la sensazione del tocco amoroso d’una mano. Poi ambedue tacquero; ed ascoltarono l’avviluppante musica della danza, che a tratti a tratti facevasi piana come un sussurro o levavasi come un turbine improvviso.

― Volete che balliamo? ― domandò Andrea, che dentro tremava al pensiero di tenerla fra le braccia.

Ella esitò un poco. Quindi rispose:

― No; non voglio.

Vedendo entrare nella galleria la duchessa di Bugnara, sua zia materna, e la principessa Alberoni con l’ambasciatrice di Francia, soggiunse:

― Ora, siate prudente; lasciatemi.

Ella gli tese la mano inguantata; e andò in contro alle tre dame, sola, con un passo ritmico e leggero. Dava una sovrana grazia alla sua persona e al suo passo il lungo strascico bianco, poichè l’ampiezza e la pesantezza del broccato contrastavano con l’esilità della cintura. Andrea,