Vai al contenuto

Pagina:Il vicario di wakefield.djvu/106

Da Wikisource.

97


CAPITOLO DECIMOSETTIMO.

Qualunque virtù è manca per resistere alla forza di lunga e gradevole tentazione.

Niuna cosa mi stava a cuore quanto la vera felicità de’ miei figliuoli; e le visite del signor Williams non mi dispiacevano perchè egli era discretamente agiato, prudente e sincero. Poco vi volle per incoraggiarlo e ridestare in lui l’antica passione; e venuta la terza sera, s’incontrò egli a casa nostra col signor Thornhill. Entrambi si guardarono in volto per alcuna pezza dispettosamente: ma Williams che di fitti non era debitore al suo padrone, poco se ne curò della collera. Dal canto suo Olivia faceva la civetta ottimamente, se pure può dirsi far la civetta, quando si spiegano tutte le maniere del proprio carattere senza studio alcuno; ed affettava di prodigare col nuovo amante ogni maggior tenerezza. Il signor Thornhill mostrò d’essere angosciato in vedendo l’altro preferito; e come in gran pensieri, senza molte parole prese licenza. Questo mirare così travagliato un uomo a cui stava in mano il tôrsi di dosso pienamente la sciagura, dichiarando onesta la sua passione, mi imbarazzò non poco la mente; nè mi veniva distrigato il perchè. Ma per grande che fosse l’inquietudine dell’anima sua, appariva di lunga mano sbattuta da più crudele tempesta quella d’Olivia. Molte altre volte i due amanti si trovarono insieme a conversare con lei; e sempre dopo ch’eglino se n’erano andati, ella si ritirava in qualche parte solitaria a sfogare col pianto l’affanno del povero suo cuore. In questo stato io la sorpresi una sera dopo ch’ella aveva per lunga ora mantenuta sul viso una finta serenità. “Tu vedi, figliuola mia,” le dissi, “tutta la tua confidenza nell’amore del signor Thornhill risolversi in fumo: egli soffre la rivalità