Pagina:Iliade (Monti).djvu/104

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v.321 libro quarto 93

Qual dianzi ti vantasti. - E de’ Cretensi
A lui lo duce: Atride, io qual già pria
T’impromisi e giurai, fido compagno
Per certo ti sarò. Ma tu rinfiamma
Gli altri Achivi a pugnar senza dimora.325
Rupper l’accordo i Teucri, e perchè primi
Del patto vïolâr la santitate,
Sul lor capo cadran morti e ruïne.
   Disse; e gioioso proseguì l’Atride
Fra le caterve la rivista, e venne330
Degli Aiaci alla squadra. In tutto punto
Metteansi questi, e li seguía di fanti
Un nugolo. Siccome allor che scopre
D’alto loco il pastor nube che spinta
Su per l’onde da Cauro s’avvicina,335
E bruna più che pece il mar vïaggia,
Grave il seno di nembi; inorridito
Ei la guarda, ed affretta alla spelonca
Le pecorelle; così negre ed orride
Per gli scudi e per l’aste si moveano340
Sotto gli Aiaci accolte le falangi
De’ giovani veloci al rio conflitto.
   Allegrossi a tal vista Agamennóne,
E a’ lor duci converso in presti accenti,
Aiaci, ei disse, condottieri egregi345
De’ loricati Achivi, io non v’esorto,
(Ciò fôra oltraggio) a inanimar le vostre
Schiere; già per voi stessi a fortemente
Pugnar le stimolate. Al sommo Giove
E a Pallade piacesse e al santo Apollo,350
Che tal coraggio in ogni petto ardesse,
E tosto presa ed adeguata al suolo
Per le man degli Achei Troia cadrebbe.
   Così detto lasciolli, e procedendo