Pagina:Iliade (Monti).djvu/106

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v.389 libro quarto 95

Guerrier non grava la crudel le spalle!
Perchè de’ tuoi begli anni è morto il fiore!390
   Ed il gerenio cavalier rispose:
Atride, al certo bramerei pur io
Quelle forze ch’io m’ebbi il dì che morte
Diedi all’illustre Ereutalion. Ma tutti
Tutto ad un tempo non comparte Giove395
I suoi doni al mortal. Rideami allora
Gioventude: or mi doma empia vecchiezza.
Ma qual pur sono mi starò nel mezzo
De’ cavalieri nella pugna, e gli altri
Gioverò di parole e di consiglio,400
Chè questo è officio de’ provetti. Dêssi
Lasciar dell’aste il tiro ai giovinetti
Di me più destri e nel vigor securi.
   Disse; e lieto l’Atride oltrepassando
Venne al Petíde Menestéo, perito405
Di cocchi guidator, ritto nel mezzo
De’ suoi prodi Cecrópii. Eragli accanto
Lo scaltro Ulisse colle forti schiere
De’ Cefaleni, che non anco udito
Di guerra il grido avean, poichè le teucre410
E l’argive falangi allora allora
Cominciavan le mosse: e questi in posa
Aspettavan che stuolo altro d’Achei
Impeto fêsse ne’ Troiani il primo,
E ingaggiasse battaglia. In quello stato415
Li sorprese l’Atride; e corruccioso
Fe’ dal labbro volar questa rampogna:
   Petíde Menestéo, figlio non degno
D’un alunno di Giove, e tu d’inganni
Astuto fabbro, a che tremanti state420
Gli altri aspettando, e separati? A voi
Entrar conviensi nella mischia i primi,