Pagina:Iliade (Monti).djvu/135

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124 iliade v.625

Pur della lega, di lontana al certo625
Parte mi mossi, dalla licia terra,
Dal vorticoso Xanto, ove la cara
Moglie ed un figlio pargoletto e molti
Lasciai di quegli averi a cui sospira
L’uomo mai sempre bisognoso. E pure630
Alleato, qual sono, i miei guerrieri
Esorto alla battaglia, ed io medesmo
Sto qui pronto a pugnar contra costui,
Benchè qui nulla io m’abbia che il nemico
Rapir mi possa, nè portarlo seco.635
E tu ozïoso ti ristai? nè almeno
Agli altri accenni di far fronte, e in salvo
Por le consorti? Guárdati, che presi,
Siccome in ragna che ogni cosa involve,
Non divenghiate del crudel nemico640
Cattura e preda, e ch’ei tra poco al suolo
La vostr’alma cittade non adegui.
A te tocca l’aver di ciò pensiero
E giorno e notte, a te dell’alleanza
I capitani supplicar, che fermi645
Resistano al lor posto, e far che niuna
Cagion più sorga di rampogne acerbe.
   D’Ettore al cor fu morso amaro il detto
Di Sarpedonte, sì che tosto a terra
Saltò dal cocchio in tutto punto, e l’asta650
Scotendo ad animar corse veloce
D’ogni parte i Troiani alla battaglia,
E destò mischia dolorosa. Allora
Voltâr la fronte i Teucri, e impetuosi
Fêrsi incontro agli Achei, che stretti insieme655
Gli aspettâr di piè fermo e senza tema.
   Come allor che di Zefiro lo spiro
Disperde per le sacre aie la pula,