Pagina:Iliade (Monti).djvu/191

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180 iliade v.487

Per indi razzuffarci infin che piena
Tra noi decida la vittoria il fato.
   Disse, e tutti ammutîr. Sciolse il Tidíde
Alfin la voce; e, Niun di Pari, ei grida,490
L’offerta accetti, nè la stessa pure
Rapita donna. Ai Dardani sovrasta,
Un fanciullo il vedría, l’esizio estremo.
   Plausero tutti al suo parlar gli Achivi
Con alte grida, e n’ammiraro il senno.495
Indi vôlto all’araldo il grande Atride:
Idéo, diss’egli, per te stesso udisti
Degli Achei la risposta, e in un la mia.
Quanto agli estinti, di buon grado assento
Che siano incesi; chè non dêssi avaro500
Esser di rogo a chi di vita è privo,
Nè porre indugio a consolarne l’ombra
Coll’officio pietoso. Il fulminante
Sposo di Giuno il nostro giuro ascolti.
   Così dicendo alzò lo scettro al cielo,505
E l’araldo tornossi entro la sacra
Cittade ai Teucri, già del suo ritorno
Impazïenti e in pien consesso accolti.
Giunse, e intromesso la risposta espose.
   Si sparsero allor ratti, altri al carreggio510
De’ cadaveri intenti, altri al funébre
Taglio de’ boschi. Dall’opposta parte
Un cuor medesmo, una medesma cura
Occupava gli Achivi. E già dal queto
Grembo del mare al ciel montando il sole515
Co’ rugiadosi lucidi suoi strali
Le campagne fería, quando nell’atra
Pianura si scontrâr Teucri ed Achei
Ognuno in cerca de’ suoi morti, a tale
Dal sangue sfigurati e dalla polve,520