Pagina:Iliade (Monti).djvu/198

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v.45 libro ottavo 187

Sien giovati gli Achivi, onde non tutti45
Cadan nell’ira tua disfatti e morti.
   Con un sorriso le rispose il sommo
De’ nembi adunator: Conforta il core,
Diletta figlia; favellai severo,
Ma vo’ teco esser mite. - E così detto,50
Gli orocriniti eripedi cavalli
Come vento veloci al carro aggioga:
Al divin corpo induce una lorica
Tutta d’auro, e alla man data una sferza
Pur d’auro intesta e di gentil lavoro,55
Monta il cocchio, e flagella a tutto corso
I corridori che volâr bramosi
Infra la terra e lo stellato Olimpo.
Tosto all’Ida, di belve e di rigosi
Fonti altrice, arrivò su l’ardua cima60
Del Gargaro, ove sacro a lui frondeggia
Un bosco, e fuma un odorato altare.
Qui degli uomini il padre e degli Dei
Rattenne e dal timon sciolse i cavalli,
E di nebbia gli avvolse. Indi s’assise65
Esultante di gloria in su la vetta,
Di là lo sguardo a Troia rivolgendo
Ed alle navi degli Achei, che preso
Per le tende alla presta un parco cibo
Armavansi. Ed all’armi anch’essi i Teucri70
Per la città correan; nè gli sgomenta
Il numero minor, chè per le spose
E pe’ figli a pugnar pronti li rende
Necessità. Spalancansi le porte:
Erompono pedoni e cavalieri75
Con immenso tumulto, e giunti a fronte,
Scudi a scudi, aste ad aste e petti a petti
Oppongono, e di targhe odi e d’usberghi