Pagina:Iliade (Monti).djvu/202

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v.181 libro ottavo 191

Una terribil vampa. Spaventati
Costernansi i destrier, scappan di mano
A Nestore le briglie; onde al Tidíde
Rivoltosi tremante: Ah piega, ei grida,
Piega indietro i cavalli, o Dïomede,185
Fuggiam: nol vedi? contro noi combatte
Giove irato, e a costui tutto dar vuole
Di presente l’onor della battaglia.
Darallo, se gli piace, un’altra volta
A noi pur: ma di Giove oltrapossente190
Il supremo voler forza non pate.
   Tutto ben parli, o vecchio, gli rispose
L’imperturbato eroe; ma il cor mi crucia
La dolorosa idea ch’Ettore un giorno
Fra’ Troiani dirà gonfio d’orgoglio:195
Io fugai Dïomede, io lo costrinsi
A scampar nelle navi. - Ei questo vanto
Menerà certo, e a me si fenda allora
Sotto i piedi la terra, e mi divori.
   E Nestore ripiglia: Ah che dicesti,200
Valoroso Tidíde? E quando avvegna
Che un codardo, un imbelle Ettor ti chiami,
I Troiani non già sel crederanno,
Nè le troiane spose, a cui nell’atra
Polve stendesti i floridi mariti.205
   Disse; e addietro girò tosto i cavalli
Tra la calca fuggendo. Ettore e i Teucri
Con urli orrendi li seguiro, e un nembo
Piovean su lor d’acerbi strali, ed alto
Gridar s’udiva de’ Troiani il duce:210
I cavalieri argivi, o Dïomede,
E di seggio e di tazze e di vivande
Te finora onorâr su gli altri a mensa;
Ma deriso or n’andrai, che un cor palesi