Pagina:Iliade (Monti).djvu/257

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246 iliade v.285

D’insinuarmi nel dardanio campo.285
Ma se meco verranne altro guerriero,
Securtà crescerammi ed ardimento.
Se due ne vanno di conserva, l’uno
Fa l’altro accorto del miglior partito.
Ma d’un solo, sebben veggente e prode,290
Tardo è il coraggio e debole il consiglio.
   Disse: e molti volean di Dïomede
Ir compagni: il volean ambo gli Aiaci,
Il volea Merïon: più ch’altri il figlio
Di Nestore il volea: chiedealo anch’esso295
L’Atride Menelao: chiedea del pari
Penetrar ne’ troiani accampamenti
Il forte Ulisse: perocchè nel petto
Sempre il cor gli volgea le ardite imprese.
   Mosse allor le parole il grande Atride.300
Diletto Dïomede, a tuo talento
Un compagno ti scegli a sì grand’uopo,
Qual ti sembra il miglior. Molti ne vedi
Presti a seguirti; nè verun rispetto
La tua scelta governi, onde non sia305
Che lasciato il miglior, pigli il peggiore;
Nè ti freni pudor, nè riverenza
Di lignaggio, nè s’altri è re più grande.
   Così parlava, del fratello amato
Paventando il periglio: e fea risposta310
Dïomede così: Se d’un compagno
Mi comandate a senno mio l’eletta,
Come scordarmi del divino Ulisse,
Di cui provato è il cor, l’alma costante
Nelle fatiche, e che di Palla è amore?315
S’ei meco ne verrà, di mezzo ancora
Alle fiamme uscirem; cotanto è saggio.
   Non mi lodar nè mi biasmar, Tidíde,