Pagina:Iliade (Monti).djvu/365

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32 iliade v.1036

De’ condottieri, e precorreali Ettorre
Non minor del terribile Gradivo.
Un tessuto di cuoi tondo brocchiero
Di molte piastre rinforzato il prode
Tiensi davanti, ed alle tempie intorno1040
Tutto lampeggia l’agitato elmetto.
Sicuro all’ombra del suo gran pavese
Passo passo ei s’avanza, e d’ogni parte
Forar si studia le nemiche file,
E sgominarle. Ma de’ petti achei1045
Non si turba il coraggio, e mossi Aiace
I larghi passi a provocarlo il primo:
Accóstati, gli disse: e che pretendi
Tu fier spavaldo? sgomentar gli Achivi?
Non siam nell’arte marzïal fanciulli,1050
E chi ne doma non se’ tu, ma Giove
Con funesto flagello. Se le navi
Strugger ti speri, a rintuzzarti pronte
E noi pur anco abbiam le mani, e tutta
Struggeremo noi pria la tua superba1055
Cittade. A te predíco io poi che l’ora
Non è lontana, che tu stesso in fuga
Manderai preghi a Giove e a tutti i Divi
Che sian di penna di sparvier più ratti
I corridori, che, diffuse al vento1060
Le belle chiome, porteranti a Troia
Entro un nembo di polve. - Avea quel fiero
Ciò detto appena, che alla dritta in alto
Un’aquila comparve. Alzâr le grida
Fatti più franchi a quell’augurio i Greci,1065
Ma non fu tardo alla risposta Ettorre:
   Stupida massa di carname, Aiace
Millantator, che parli? Eterno figlio
Così foss’io di Giove e dell’augusta