Pagina:Iliade (Monti).djvu/390

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v.49 libro decimoquinto 57

Se agli Achivi soccorse e nocque ai Teucri
Il re Nettunno, non fu mio consiglio,50
Ma del suo cor spontaneo moto, e piéta
De’ mal condotti Argivi. Esorterollo
Anzi io stessa a recarsi, ovunque il chiami,
Terribile mio sire, il tuo comando.
   Sorrise Giove, e replicò: Se meco55
Nel senato de’ numi, augusta Giuno,
In un solo voler consentirai,
Consentiravvi (e sia diversa pure
La sua mente) ben tosto anco Nettunno.
Or tu, se brami che per prova io vegga60
Sincero il tuo parlar, rimonta in cielo,
E qua m’invía sull’Ida Iri ed Apollo.
Iri nel campo degli Achei discesa
A Nettunno farà l’alto precetto
D’abbandonar la pugna, e di tornarsi65
Ai marini soggiorni. Apollo all’armi
Ettore desterà, novello in petto
Spirandogli vigor, sì che sanato
D’ogni dolore fra gli Achei di nuovo
Sparga la vile paurosa fuga,70
E gl’incalzi così che fra le navi
Cadan, fuggendo, del Pelíde Achille.
Questi allor nella pugna il suo diletto
Patroclo manderà, che morta in campo
Molta nemica gioventù col divo75
Mio figlio Sarpedon, morto egli stesso
Cadrà, prostrato dall’ettórea lancia.
Dell’ucciso compagno irato Achille
Spegnerà l’uccisore, e da quel punto
Farò che sempre sian respinti i Teucri,80
Finchè per la divina arte di Palla
Il superbo Ilïon prendan gli Achei.