Pagina:Iliade (Monti).djvu/398

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v.320 libro decimoquinto 65

Di sua bellezza, al pasco usato ei vola320
Ove amor d’erbe il chiama e di puledre:
Tale, udita del Dio la voce, Ettorre
Move rapidi i passi, inanimando
I cavalieri. Ma gli Achei, siccome
Veltri e villani che un cornuto cervo325
Inseguono, o una damma a cui fa schermo
Alto dirupo o densa ombra di bosco,
Poichè lor vieta di pigliarla il fato;
Se a lor grida s’affaccia in su la via
Un barbuto leon colle sbarrate330
Mascelle orrende, incontanente tutti,
Benchè animosi, volgono le terga:
Così agli Achei, che stretti infino allora
Senza posa inseguito aveano i Teucri
Colle lance ferendo e colle spade,335
Visto aggirarsi tra le file Ettorre,
Cadde a tutti il coraggio. Allor si mosse
Toante Andremoníde, il più gagliardo
Degli etóli guerrieri. Era costui
Di saetta del par che di battaglia340
A piè fermo perito, e degli Achivi
Pochi in arringhe lo vincean, se gara
Fra giovani nascea nella bell’arte
Del diserto parlar. - Numi! qual veggo
Gran prodigio? (dicea questo Toante)345
Dalla Parca scampato, e di bel nuovo
Risurto Ettorre! E speravam noi tutti
Che per le man d’Aiace egli giacesse.
Certo qualcuno de’ Celesti i giorni
Preservò di costui, che molti al suolo350
Degli Achivi già stese, e molti ancora
Ne stenderà, mi credo; chè non senza
L’altitonante Giove egli sì franco

Iliade, Vol. II 5