Pagina:Iliade (Monti).djvu/425

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92 iliade v.219

E quantunque mortale iva del paro
Co’ destrieri immortali. Intanto Achille220
Su e giù scorrendo per le tende, tutti
Di tutto punto i Mirmidóni armava.
   Quai crudivori lupi il cor ripieni
Di molta gagliardia, prostrato avendo
Sul monte un cervo di gran corpo e corna,225
Sel trangugiano a brani, e sozze a tutti
Rosseggiano di sangue le mascelle:
Quindi calano in branco ad una bruna
Fonte a lambir colle minute lingue
Il nereggiante umor, carne ruttando230
Mista col sangue: il cor ne’ petti audaci
S’allegra, e il ventre ne va gonfio e teso:
Tali dintorno al bellicoso amico
Del gran Pelíde intrepidi si affollano
I mirmidonii capitani; e in mezzo235
A lor s’aggira il marzïale Achille
I cavalli animando e i battaglieri.
   Cinquanta eran le prore che veloci
Avea condotte a Troia il caro a Giove
Tessalo prence, e carca iva ciascuna240
Di cinquanta guerrieri. A cinque duci
N’avea dato il comando, ed ei la somma
Potestà ne tenea. Guida la prima
Squadra Menéstio, scintillante il petto
Di varïato usbergo. Era costui245
Prole di Sperchio, fiume che da Giove
L’origine vantava; e di Peléo
La bella figlia Polidora a Sperchio
Partorito l’avea, donna mortale
Commista con un Dio. Ma lui la fama250
Nel popolo dicea prole di Boro,