Pagina:Iliade (Monti).djvu/450

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v.1066 libro decimosesto 117

L’intrepido Patróclo e il grande Ettorre,
Ardono entrambi del crudel desío
Di trucidarsi. Il teucro eroe la testa
Del cadavere afferra, e lo ghermisce
Il Tessalo d’un piede, e la sua presa1070
Nè quei nè questi di lasciar fa stima.
Allor Troiani e Achivi una battaglia
Appiccâr disperata: e qual gareggiano
D’Euro e di Noto i forti fiati a svellere
Nelle selve montane il faggio e il frassino1075
Ed il ruvido cornio; e questi all’aere
Dibattendo le lunghe e larghe braccia
Con immenso ruggito le confondono,
Finchè li vedi fracassarsi, e opprimere
Fragorosi la valle: a questa immagine1080
L’un su l’altro scagliandosi combattono
Troiani e Dánai del fuggir dimentichi.
Dintorno a Cebrïon folta conficcasi
Una selva d’acute aste e d’aligeri
Dardi guizzanti dalle cocche; assidua1085
D’enormi sassi una tempesta crepita
Su gli ammaccati scudi; ed ei nel vortice
Della polve giacea grande cadavere
In grande spazio, eternamente, ahi misero!
Dei cari in vita equestri studi immemore.1090
   Finchè del sole ascesero le rote
Verso il mezzo del ciel, d’ambe le parti
Uscíano i colpi con egual ruina,
E la gente cadea. Ma quando il giorno
Su le vie dechinò dell’occidente,1095
Prevalse il fato degli Achei che alfine
Dall’acervo dei teli, e dalla serra
De’ Troiani involâr di Cebrïone
La salma, e l’armi gli rapîr di dosso.