Pagina:Iliade (Monti).djvu/470

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v.455 libro decimosettimo 137

Tal dell’enorme Aiace era il volere,455
E tutta in rosso si tingea la terra.
Teucri, Argivi, alleati alla rinfusa
Cadon trafitti: chè neppur gli Argivi
Senza sangue combattono, ma n’esce
Minor la strage, perocchè l’un l’altro460
Nel travaglio fatal si porge aita.
   Così qual vasto incendio arde il conflitto;
E del Sol detto avresti e della Luna
Spento il chiaror; cotanta era sul campo
L’atra caligo che dintorno al morto465
Patroclo il fiore de’ guerrier copría,
Mentre l’un’oste e l’altra a ciel sereno
Libera altrove combattea. Su questi
Puro si spande della luce il fiume:
Nessuna nube al pian, nessuna al monte.470
Così la pugna ha i suoi riposi, e molto
Spazio correndo tra i pugnanti, ognuno
Dalle mutue si scherma aspre saette.
Ma cotesti di mezzo hanno travaglio
Dall’armi a un tempo e dalla nebbia, e il ferro475
I più prestanti crudelmente offende.
Sol due guerrieri non avean per anco
Del buon Patróclo la ria morte udita,
Due guerrier glorïosi, Trasiméde
E Antíloco: ma vivo e tuttavolta480
Alle mani il credean co’ Teucri al centro
Della battaglia. E intanto essi la strage
De’ compagni veduta e la paura,
Pugnavano in disparte, e come imposto
Fu lor dal padre, dalle negre navi485
Tenean lontano le nemiche offese.
   Ma il conflitto maggior ferve dintorno
Al valoroso del Pelíde amico,